La vostra collega corsista, Paola Palombi, si occupa di produzione video e scrive per il cinema. Le abbiamo chiesto di parlaci del suo lavoro: di che si tratta? Come funziona? Cosa c'è dietro le quinte?
Ecco il suo intervento.
Qualcuno mi ha chiesto di spiegare un po’ quello che faccio per la produzione video, se è un campo interessante, coinvolgente, frustrante o entusiasmante.
Rispondo volentieri alla domanda, leggendo “frustrante” come un termine ignoto, al riguardo. Di sicuro mi sta risultando molto più frustrante il copywriting.
Fin’ora ho scritto sceneggiature a mio gusto, e portato avanti progetti personali con produzioni low budget che poco hanno avuto di frustrante, a parte il lavoro matto e disperato, ma sono stati tutte mie idee e mie realizzazioni, con le possibilità correnti e con i mezzi a disposizione. E ne sono stata - e ne sono - entusiasta.
Per quanto riguarda poi i lavori su commissione, che possono riguardare un compito piuttosto che un altro, come una videoripresa piuttosto che un montaggio, mi attengo alle richieste del cliente, anche se fin’ora mi hanno lasciato tutti molto fare, per fortuna. Quando faccio grafica, per esempio, è difficilissimo che riesca a portare a termine un lavoro che stilisticamente non sia di mio gusto, nonostante me lo chiedano tale. Piuttosto, perdo il cliente. Sarà per questo che ho smesso con la grafica.
Per quanto riguarda in particolare la scrittura – perché qui di scrittura parliamo – per il cinema, o meglio, il video in particolare, il lavoro non è affatto semplice – come quello del copy – e bisogna fare molta gavetta.
Lo “scrivere per immagini” è proprio tutto lì.
Non si può scrivere una storia per il video con le classiche tecniche narrative, ma bisogna scriverla per come la si vede. Se si vuole far capire che un bambino, passando di lato ad un campetto di calcio e vedendo bambini che giocano, prova rabbia perché per una malformazione al ginocchio non può correre, bisognerà descrivere la scena, non i sentimenti dei personaggi.
“Marco tornava da scuola e, passando a fianco del campetto di calcio dove giocavano i suoi compagni di classe, provò una gran fitta di gelosia, ricordando quell’incidente che a 6 anni gli aveva procurato una grave lesione al ginocchio, per cui ora non gli era più possibile correre a lungo. Preso dalla rabbia, tira un calcio ad un ciottolo che è per terra, colpendo un ragazzino che riposava sdraiato sul ciglio della strada.”
Per una sceneggiatura questo testo dovrebbe essere:
Scena n, esterno giorno, strada
Marco passeggia rasente la strada che lo porta a casa da scuola. La giornata è limpida e il sole splende. Alla sua destra, nel campetto di calcio del paese, i suoi compagni di classe giocano a calcio, rincorrendosi e rincorrendo il pallone, impolverati e felici, urlandosi consigli tra di loro cercando di costruire il loro gioco. Marco si ferma a guardarli, e un’espressione di stizza gli attraversa la faccia. Si guarda il ginocchio destro con odio, toccandoselo con la mano, e tira un calcio ad un ciottolo di fronte a lui con violenza. Il ciottolo scagliato colpisce in testa un ragazzino sdraiato sul ciglio della strada, invisibile a prima vista.
RAGAZZO:
“Ahia”
(si gira)
“Ma che sei scemo?”
E via così.
Nulla al caso, in una sceneggiatura. Se si vuole che il regista (a meno che non sia tu che stai scrivendo) renda perfettamente il tuo mondo scenico, devi scrivere tutto quello che hai in testa. Suoni colori oggetti gesti e tutto quello che ti viene in mente se “immagini” la scena.
Adesso basta però… che se incomincio non la smetto più. Trovo questo uno dei lavori più entusiasmanti che abbia fatto nel mondo della comunicazione, e se inizio a parlarne seriamente rischio di scrivervi un saggio. (e ancora non vi ho parlato del lavoro sul set!)
Spero di non avervi annoiato eccessivamente.
Buon lavoro a tutti,
Paola
Rispondo volentieri alla domanda, leggendo “frustrante” come un termine ignoto, al riguardo. Di sicuro mi sta risultando molto più frustrante il copywriting.
Fin’ora ho scritto sceneggiature a mio gusto, e portato avanti progetti personali con produzioni low budget che poco hanno avuto di frustrante, a parte il lavoro matto e disperato, ma sono stati tutte mie idee e mie realizzazioni, con le possibilità correnti e con i mezzi a disposizione. E ne sono stata - e ne sono - entusiasta.
Per quanto riguarda poi i lavori su commissione, che possono riguardare un compito piuttosto che un altro, come una videoripresa piuttosto che un montaggio, mi attengo alle richieste del cliente, anche se fin’ora mi hanno lasciato tutti molto fare, per fortuna. Quando faccio grafica, per esempio, è difficilissimo che riesca a portare a termine un lavoro che stilisticamente non sia di mio gusto, nonostante me lo chiedano tale. Piuttosto, perdo il cliente. Sarà per questo che ho smesso con la grafica.
Per quanto riguarda in particolare la scrittura – perché qui di scrittura parliamo – per il cinema, o meglio, il video in particolare, il lavoro non è affatto semplice – come quello del copy – e bisogna fare molta gavetta.
Lo “scrivere per immagini” è proprio tutto lì.
Non si può scrivere una storia per il video con le classiche tecniche narrative, ma bisogna scriverla per come la si vede. Se si vuole far capire che un bambino, passando di lato ad un campetto di calcio e vedendo bambini che giocano, prova rabbia perché per una malformazione al ginocchio non può correre, bisognerà descrivere la scena, non i sentimenti dei personaggi.
“Marco tornava da scuola e, passando a fianco del campetto di calcio dove giocavano i suoi compagni di classe, provò una gran fitta di gelosia, ricordando quell’incidente che a 6 anni gli aveva procurato una grave lesione al ginocchio, per cui ora non gli era più possibile correre a lungo. Preso dalla rabbia, tira un calcio ad un ciottolo che è per terra, colpendo un ragazzino che riposava sdraiato sul ciglio della strada.”
Per una sceneggiatura questo testo dovrebbe essere:
Scena n, esterno giorno, strada
Marco passeggia rasente la strada che lo porta a casa da scuola. La giornata è limpida e il sole splende. Alla sua destra, nel campetto di calcio del paese, i suoi compagni di classe giocano a calcio, rincorrendosi e rincorrendo il pallone, impolverati e felici, urlandosi consigli tra di loro cercando di costruire il loro gioco. Marco si ferma a guardarli, e un’espressione di stizza gli attraversa la faccia. Si guarda il ginocchio destro con odio, toccandoselo con la mano, e tira un calcio ad un ciottolo di fronte a lui con violenza. Il ciottolo scagliato colpisce in testa un ragazzino sdraiato sul ciglio della strada, invisibile a prima vista.
RAGAZZO:
“Ahia”
(si gira)
“Ma che sei scemo?”
E via così.
Nulla al caso, in una sceneggiatura. Se si vuole che il regista (a meno che non sia tu che stai scrivendo) renda perfettamente il tuo mondo scenico, devi scrivere tutto quello che hai in testa. Suoni colori oggetti gesti e tutto quello che ti viene in mente se “immagini” la scena.
Adesso basta però… che se incomincio non la smetto più. Trovo questo uno dei lavori più entusiasmanti che abbia fatto nel mondo della comunicazione, e se inizio a parlarne seriamente rischio di scrivervi un saggio. (e ancora non vi ho parlato del lavoro sul set!)
Spero di non avervi annoiato eccessivamente.
Buon lavoro a tutti,
Paola
5 commenti:
Ciao Paola?
Annoiati? Per quanto mi riguarda solo incuriosita ancor di più rispetto alla tua presentazione come corsista. Mi piacerebbe saperne di più, mi piacerebbe capire per esempio il rapporto con il regista (partendo dal presupposto che regista e sceneggiatore non siano la stessa pèersona), capire come caratterizzi i personaggi per donare loro caratteri visbilmente differenti fra loro ed ognuno coerente per tutta la durata di un film, se ti è accaduto di lavorare a più mani su una sceneggiatura e come ti è sembrato...
Tutto questo perché mi piace molto andare al cinema e rimango spesso ammirata dall'abile lavoro di costruzione che fa scorrere la storia in maniera così naturale, però...
Roberta
Ciao Roberta...
a dire la verità, il mio ruolo più frequente è proprio quello da regista... è quello che prima o poi vorrei diventare.
Ma di certo posso risponderti ugualmente.
Il rapporto tra regista e sceneggiatore dovrebbe essere ovviamente il migliore possibile, questi due personaggi dovrebbero essere l'art director e il copy della situazione... una sorta di due migliori amici del messaggio.
Questo è quello che idealmente dovrebbe accadere.
Nella realtà della produzione, invece, le situazioni che si possono interporre a questo idillio sono tante, e non per ultima la volontà del regista, a cui ancora prima sovrastà quella del produttore (a meno che il regista non sia Steven Spielberg).
Quindi il lavoro di un povero sceneggiatre, a bisogno e gusto di produttori e registi, può avere onore e gloria e rimanere immutato e immacolato, e lo scrittore continuamente contattato e tartassato di domande da un apprensiosissimo regista, e addirittura assistere alle riprese, oppure può essere stravolto perchè una scena funzionale in una bettola di periferia per il regista è più fotografico girarla all'hilton, piuttosto che una scena su un transatlantico venga girata su una barchetta perchè la produzione non ha soldi da spendere.
Insomma... ardua è la strada di un'idea dalla carta allo schermo... e ci sono grandi esempi di famosissimi film che hanno alla fine avuto dissidi tra sceneggiatore e regista.
Ma tutto dipende dalla fortuna... e a volte qualche rimaneggiamento tecnico sul campo di ripresa non fa male anche ad una buona idea.
Comunque. E' il regista alla fine che decide. E prima di lui, i soldi a disposizione - ovvero, la produzione.
Mi è accaduto di certo di lavorare a più mani su una sceneggiatura, anzi, mi succede quasi sempre, anche perchè è un modo di scrivere che condivido. Trovi più stimoli in un confronto costante, ed è più difficile rimanere in un vicolo cieco, scrivendo in due. A volte devi rinunciare a qualche idea che ritieni valida, ma con una buona collaborazione, se proprio ti piace una scena, alla fine riesci sempre a infilarla dentro alla scena. :-)
Per quanto riguarda invece la caratterizzazione dei personaggi, nulla è più coerente della realtà. Il mio insegnante di scenggiatura ci diceva di andare in giro e osservare, osservare sempre, magari con un bel taccuino alla mano. In metro, in piazza, al bar, al cinema. Guardare la gente e appuntare facce, movenze, parole, battute. E magari trovare ai tuoi personaggi qualcosa che fanno sempre: un tic, una fissazione, un gesto che sia visibile e che ricordi sempre di chi stai parlando. Sullo schermo, come al solito, ci devono essere cose che "si vedano". E in effetti, di spunti, nell'amalgama umana che abbiamo intorno costantemente, ce ne sono parecchi.
L'unico problema che hai scrivendo di qualcuno, è rendere questo qualcuno verosimile e coerente, e di solito questo è frustrante, non sai mai a che punto sei. Ma poi pensi a Hitchcok che diceva che "la verosimiglianza è un fatto assolutamente ininfluente in un film", e fai un sospiro di sollievo.
Quando una storia è ben congeniata e una trama ben intessuta però, di certo dietro, oltre che un buon intuito e fantasia, c'è tanta, ma tanta, esperienza.
Solo dopo molta scrittura si imparano quei trucchi per far costruire quella storia che, decisamente, funziona.
E sarebbe strano se così non fosse. :-)
Grazie mille, Paola per la tua interessante spiegazione, ricca di suggestione. Così ricca che prima o poi dovrò trovare il modo di vedere come funziona la scrittura di una sceneggiatura da vicino e come qusta può trasformarsi in un film magai non troppo differente.
Roberta
:-) allora ti auguro un buon viaggio Roberta.. un abbraccio.
Ecco una sceneggiatura gia pronta,tratta da una storia vera, Basta scaricarla gratuitamente dal sito dell'autore Rody Mirri "NON VOLEVO FINISSE COSI" è un romanzo stupendo coinvolgente spero diventi un film
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